AUTORE: Chiara Panzuti
TITOLO: Absence
EDITORE: Fazi Editore
DATA USCITA: 01/06/2017
GENERE: Narrativa
TRAMA – Absence
Viviamo anche attraverso i ricordi degli altri.
Lo sa bene Faith, che a sedici anni deve affrontare l’ennesimo trasloco insieme alla madre, in dolce attesa della sorellina. Ecco un ricordo che la ragazza custodirà per sempre.
Ma cosa accadrebbe se, da un giorno all’altro, quel ricordo non esistesse più? E cosa accadrebbe se fosse Faith a sparire dai ricordi della madre?
La sua vita si trasforma in un incubo quando, all’improvviso, si rende conto di essere diventata invisibile. Nessuno riesce più a vederla, né si ricorda di lei. Non c’è spiegazione a quello che le è accaduto, solo totale smarrimento.
Eppure Faith non è invisibile a tutti. Un uomo vestito di nero detta le regole di un gioco insidioso e apparentemente folle, dove l’unico indizio che conta è nascosto all’interno di un biglietto: 0°13′07″S 78°30′35″W, le coordinate per tornare a vedere.
Insieme a Jared, Scott e Christabel – come lei scomparsi dal mondo – la ragazza verrà coinvolta in un viaggio alla ricerca della propria identità, dove altri partecipanti faranno le loro mosse per sbarrarle la strada. Una corsa contro il tempo che da Londra passerà per San Francisco de Quito, in Ecuador, per poi toccare la punta più estrema del Cile, e ancora oltre, verso i confini del mondo.
Primo volume della trilogia di Absence, Il gioco dei quattro porta alla luce la battaglia interiore più difficile dei nostri giorni: definire chi siamo in una società troppo distratta per accorgersi degli individui che la compongono.
Cosa resterebbe della nostra esistenza, se il mondo non fosse più in grado di vederci?
Quanto saremmo disposti a lottare, per affermare la nostra identità?
Un libro intenso e profondo; una sfida moderna per ridefinire noi stessi.
Una storia per essere visti. E per tornare a vedere.
FRASI
Pensavo che l’invisibilità fosse la condanna peggiore, invece lo era l’inconsistenza. La perdita di spessore delle promesse, della fede, dell’amore. È incredibile come un intero castello possa cadere in un giorno. Le fondamenta di tutto ciò in cui credevamo erano crollate nel fango, portandosi dietro una fiducia che consideravo immortale.
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Si cresce e si cambia, con tante di quelle cicatrici da far paura a chiunque.
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…nonostante tutto ci si rialza, si ricomincia daccapo, e si ridefinisce quella che chiamiamo identità.
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A volte la realtà sa essere più terribile di qualsiasi congettura.
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“Sai cosa penso davvero? Che le persone non hanno più voglia di accudire gli altri. Non sanno più prendersi cura di nessuno, dei figli, degli amici, dei genitori. Esistono troppi sostituti. […] Ho un figlio e lo piazzo davanti a un giochino idiota, o a un telefono, o alla TV. Come una macchina da dover parcheggiare”.
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Volevo odiarlo, ma l’odio non arriva mai al destinatario. Torna indietro al mittente, col doppio del dolore.
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A volte mi sentivo semplicemente in apnea, a rincorrere secondi preziosi che alla fine non arrivavano mai.
Conservavo un mucchio di ricordi, ma ognuno aveva perso consistenza, avvolto in un alone di nebbia. C’era un senso di mancanza, lo stesso che si prova tra l’infanzia e l’adolescenza, quando qualcosa ci viene strappato via.
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C’è così tanta differenza tra vedere e guardare. Così tanta differenza tra ascoltare e capire.
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Puoi mettere a tacere i ricordi, ma non il dolore. Quello torna, in un modo o nell’altro.
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Forgiai ciò che restava di me stessa, la rabbia, e con quella decisi di proteggermi. Con quella decisi di reagire.
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Quel mondo lurido era un susseguirsi di fotogrammi, sembrava la pellicola di un film. Nessun cambiamento, nessuna novità, solo ripetitività, noia, alienazione. La gente odiava i momenti morti. Li sostituiva con gesti abitudinari: cellulari, musica, tic nervosi, telefonate.
Per il contorno non c’era più spazio, solo un ego smisurato che ricercava sempre la stessa cosa: distrazione.
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Si era fermato.
E chi si ferma viene sorpassato.
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Se c’era un modo per andare controcorrente era proprio quello. Avevo un’esigenza spasmodica di aprire gli occhi e vedere.
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A volte occorre ritrovare se stessi, e per farlo servono più esperienze che specchi. Perché se è vero che l’invisibilità arriva da fuori, allora il suo contrario può esplodere da dentro.
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Qualcuno ci strattona da una parte, e tu segui quel movimento. Poi capisci come strattonare. Trova le riposte, trova la tua forza. Se lui tira noi cadiamo. Ma se noi capiamo come tirare, allora cade lui.
RECENSIONI
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