“L’arte di legare le persone” – Paolo Milone

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L arte di legare le persone

AUTORE: Paolo Milone
TITOLO: L’arte di legare le persone
EDITORE: Einaudi
DATA USCITA: 19/01/2021
GENERE: Narrativa

TRAMA – L’arte di legare le persone

Quante volte parliamo dei medici come di eroi, martiri, vittime… In verità, fuor di retorica, uomini e donne esposti al male. Appassionati e fragili, fallibili, mortali. Paolo Milone ha lavorato per quarant’anni in Psichiatria d’urgenza, e ci racconta esattamente questo. Nudo e pungente, senza farsi sconti.

Con una musica tutta sua ci catapulta dentro il Reparto 77, dove il mistero della malattia mentale convive con la quotidianità umanissima di chi, a fine turno, deve togliersi il camice e ricordarsi di comprare il latte. Tra queste pagine cosí irregolari, a volte persino ridendo, scopriamo lo sgomento e l’impotenza, la curiosità, la passione, l’esasperazione, l’inesausta catena di domande che colleziona chiunque abbia scelto di «guardare l’abisso con gli occhi degli altri».

«Si riesce a lavorare in Psichiatria solo se ci si diverte. Io mi sono divertito per anni. Non tutti gli anni: non i primi – troppe illusioni, non gli ultimi – troppi moduli, non quelli di mezzo – troppo mestiere». Ci sono libri che si scrivono per una vita intera. Ogni giorno, ogni sera, quando quello che viviamo straripa.

Sono spesso libri molto speciali, in cui la scrittura diventa la forma del mondo. È questo il caso dell’ Arte di legare le persone , che corre con un ritmo tutto suo, lirico e mobile, a scardinare tante nostre certezze. Con il dono rarissimo del ritratto fulminante, Paolo Milone mette in scena il corpo a corpo della Psichiatria d’urgenza, affrontando i nodi piú difficili senza mai perdere il dubbio e la meraviglia.

Cosí ci ritroviamo a seguirlo tra i corridoi dell’ospedale, studiando le urla e i silenzi, e poi dentro le case, dentro le vite degli altri, nell’avventura dei Tso tra i vicoli di Genova. Non c’è nulla di teorico o di astratto, in queste pagine.

C’è la vita del reparto, la sete di umanità, l’intimità di afferrarsi e di sfuggirsi, la furia dei malati, la furia dei colleghi, il peso delle chiavi nella tasca, la morte sempre in agguato, gli amori inconfessabili, i carrugi del centro storico e i segreti bellissimi del mare.

Ci sono infermieri, medici, pazienti, passanti, conoscenti, caduti da una parte e dall’altra di quella linea invisibile che separa i sani dai malati: a ben guardare, solo «un tiro di dadi riuscito bene». Ecco perché non si potrà posare questo libro senza un’emozione profonda, duratura, e senza parlarne immediatamente con qualcuno.

FRASI

“Il bello di questo mestiere è che tutte le nostre esperienze, per quanto brutte o indicibili e meschine, prima o poi ci torneranno utili. Per lo psichiatra la vita è come il maiale: non si butta via niente.”

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“Il mare è come il tuo cane.
Se ti avvicini, ti lecca e ti salta addosso.
Poi prende a giocare andando avanti e indietro, saltella di qua e di là.
Se gli getti un pezzo di legno te lo riporta.
Quando ti allontani, non smette di scodinzolare e di chiamarti uggiolando.
Prova a sentirti solo, con un mare così.”

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“Non usare con me altre parole che non siano le tue. Le accoglierò come ospiti care in ritardo a una festa, sbatterò la pioggia dai loro vestiti, riporrò i loro ombrelli e le farò accomodare in salotto.”

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“In Psichiatria d’urgenza, quella che va accettata completamente è la persona, non la malattia.”

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“Certi pazienti sono così soli che, per farsi mettere le mani addosso, devono spaccare tutto.”

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“Se mi chiedete un’immagine simbolica della Psichiatria d’urgenza è proprio il contenere, il riunire frammenti spezzati tra loro, mettere insieme mente e corpo, riunificare la persona, come un gesso rinsalda le ossa. Far di pezzi, uno.”

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“La ragione non fa che ammantare di spiegazioni razionali ciò che l’umore ha già deciso.”


RECENSIONI

Se vedo qualcuno che si sporge,
offro la mano per non farlo cadere,
e mentre lo tengo gli chiedo cosa vede.
Sono un vigliacco:
io guardo l’abisso con gli occhi degli altri.

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Che fatica chiudere questo libro una volta giunta all’ultima pagina, che fatica lasciare tutti i personaggi, che fatica lasciare il dottore Milone ed il suo Reparto77. Milone, psichiatra “poeta”, con abilità tiene tra le mani stretto un arco e lancia frecce di vita dritte dentro al cuore del lettore.

In queste pagine noi vediamo i suoi “pazzi”, “disadattati”, corpi privi di anima che vagano in cerca di una fine o di una ripresa, di una mano da stringere, di un aiuto. Milone rende ogni singolo lettore come parte integrante dello staff ospedaliero. Quindi lo si segue nei suoi colloqui, nei corridoi, nelle stanze dei pazienti, ed in più si ha il potere di entrare bella sua testa. Quanto dolore riesce a vedere Milone in ogni suo paziente, quanta fragilità, quanta poesia.

Lui é un medico, lavora con malati particolari: psicotici, schizofrenici, tossici, bipolari, depressi. Il reparto 77 è un luogo in cui si tocca con mano il dolore lancinante, la solitudine, la disperazione la dipendenza, la “follia”, il buio dell’anima, della mente, del cuore. Lui ci racconta di persone, di anime alla ricerca di un rifugio. Si tocca il fondo leggendo Milone, perché lo spessore emotivo con cui si racconta l’incapacità di stare in piedi al mondo fa sì che i singoli protagonisti tocchino i lettori con mani, voci, grida o estenuanti silenzi. I problemi psichiatrici sono duri, forti, annichilenti ed assorbenti in modo assurdo.

Quelle frecce non sono state scagliate per scuotere o mettere a disagio lettore, sono frecce di poesia, tirate con precisione chirurgica, poesia pura, vera, fortemente educativa. Impossibile scansarle. Ogni singola pagina gronda di umanità e dolore, professionalità e rispetto, paura e follia.
In un mare di problemi psichici in cui forse notiamo tutti, fortunato é chi non annega in quel mare.

Lo stesso Milone dice “se non conosci il dolore psichiatrico, ringrazia e taci”.
Io lo dico con sincerità: sono una donna migliore dopo essere entrata nel Reparto 77 ed aver incontrato Cesare, Alfio, Lucrezia…
Non li dimenticherò. Mai.
Consigliatissimo.

©Maria Elena Bianco

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