“L’ottava vita” – Nino Haratischwili

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FRASI

“Leningrado, prima Pietrogrado e prima ancora San Pietroburgo, […] la città forse più europea nell’emisfero orientale. […] La città con la superba Neva, le isole e i ponti, i meravigliosi gatti neri e i corvi impassibili, che, maestosi e fieri, si lasciano nutrire da chiunque. Con i bui cortili interni incastrati l’uno nell’altro, con i passaggi segreti. La città che aveva la finesse di una sposa francese e la grandezza di una vedova italiana.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

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“Mi chiamo Niza. Il mio nome contiene una parola, Za, una parola che nella nostra lingua significa cielo. Forse la mia vita finora è stata la ricerca di questo particolare cielo, che mi avevano dato come promessa che mi ha accompagnata fin dalla nascita. Mia sorella si chiamava Daria. Il suo nome contiene la parola caos. Aria. Scompigliare e rivoltare, mettere in disordine e non rimettere più in ordine. Le sono obbligata. Sono obbligata al suo caos. Sono sempre stata obbligata a cercare il mio cielo nel suo caos.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Mentre Brilka vedeva sfilare davanti a sé dal finestrino del treno la vecchia nuova Europa, per la prima volta dal suo arrivo nel continente dell’ indifferenza, sorrideva. Non so cosa la facesse sorridere, mentre lasciava la città dai ponti minuscoli, ma non ha più importanza. La cosa importante è che sorrideva.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Una cosa che Stasia mi ha dato e che forse ha lasciato in me l’impronta più durevole è la storia del tappeto.
“Un tappeto è una storia. In quella storia si nascondono innumerevoli altre storie. Lo vedi il motivo?”
Io fissai i disegni variopinti sulla superficie rossa. “Tutti questi sono singoli fili. E anche ogni singolo filo è a sua volta una storia, capisci? Tu sei un filo, io sono un filo, insieme formiamo un piccolo ornamento, e insieme a molti altri fili formiamo un motivo. I fili sono tutti diversi, diversamente grossi o sottili, tinti con diversi colori. Se li prendi singolarmente i motivi sono difficili da distinguere ma se li osservi legati l’uno all’altro rivelano storie fantastiche. […] I tappeti sono intessuti di storie quindi bisogna conservarli e averne cura. Sono certa che qui dentro siamo in intessute anche noi, anche se non l’abbiamo mai sospettato.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Con le lacrime che avevo accumulato per un secolo piansi per la finzione dell’amore, per la nostalgia della fiducia nelle parole che un tempo avevano definito la mia vita.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Forse l’aspetto più tragico dell’esilio, geografico e mentale, era che si riusciva a vedere tanto in profondità e non si poteva più fingere, bisognava accettarsi per quello che si era. Né quello che si era stati in passato né l’idea di quello che si sarebbe stati in futuro aveva più importanza.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Con Ida morì […] la possibilità di una riparazione. Curvo sulla lettera del suo amico, Kostja Jashi comprese cosa significa perdere. Lui aveva perso. Era stato ferito a morte. E quell’agonia sarebbe durata per tutta la vita. […] Com’era possibile volere qualcuno così tanto, aver bisogno di qualcuno così tanto, amare qualcuno così tanto, senza che la morte ne tenesse conto? […]
Se Ida non fosse morta, lui sarebbe stato ancora vivo.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“A volte si è molto più forti quando si è deboli.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Quando danzava era la sola regina in un regno fatto di spazio e di possibilità.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Niente lacrime. […]
Quando si ha davanti a sé la persona per la quale si vorrebbe versarle non lo si fa, non si perde il tempo che si ha a disposizione. Le lacrime possono aspettare qualsiasi altro momento.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Avrebbe dovuto amputare il passato per riprendersi la vita che avevo guardato troppo a lungo dall’esterno. […] I sogni inappagati avrebbero potuto essere mortalmente pericolosi. Perché lei doveva essere se stessa, anche se sopportare quel suo sé, conviverci, faceva male.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Si davano felicità. Si davano il presente e si regalavano ricordi futuri.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Perché mai io dovrei voler fare la sua conoscenza?”
“Perché anch’io sono uno che non usa mai un fazzoletto”.
“E questo cosa dovrebbe significare?”
“Chi ha bisogno di un velo, un oggetto, sia anche di seta, tra sé e il mondo, ha paura della vita. Ha paura di sperimentare cose, di sentirle veramente. E trovo che la vita è troppo breve e troppo meravigliosa per non guardarla davvero, per non conoscerla davvero, per non viverla davvero.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Si trattava di una ricetta per una semplice cioccolata calda al modo viennese. Basata non sul cacao ma sul cioccolato. Si faceva il cioccolato, poi lo si fondeva e lo si mescolava ad altri ingredienti. Ma in questa miscela e preparazione c’era qualcosa che rendeva la cioccolata speciale, unica, irresistibile, sconvolgente. Già il suo profumo era così allettante ed intenso che non si poteva fare altro che precipitarsi alla fonte. La cioccolata era densa e compatta, scura come la notte prima di un grande temporale, e andava consumata a piccole dosi, calda ma non troppo, in tazze piccole e in condizioni ottimali, utilizzando cucchiai d’argento. Il sapore era unico, il piacere simile a un’estasi spirituale, a un’esperienza ultraterrena. Ci si fondeva con la dolce massa, si diventava tutt’uno con questa squisita scoperta e, dimentichi del mondo, si provava un senso di felicità straordinaria. Finché si assaporava questa cioccolata tutto era come doveva essere.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Noi decidiamo cosa vogliamo o non vogliamo ricordare. Il tempo non ha niente a che fare con questo. […]
Ho capito che i fantasmi sono venuti da me, e che è giusto scriverti le loro storie. La nostra. La tua. La mia e quella di tutti gli altri che hanno scritto la loro vita nella nostra. Ho capito perché lo sto facendo e che è giusto farlo. Ho capito che sto portando a compimento un dovere, il dovere di una scure che abbatte i tempi, per te. E i miei dubbi sono spariti.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Le storie si sovrappongono, si intrecciano, si fondono – e io cerco di districarle, perché le cose bisogna raccontarle una dopo l’altra, non è possibile esprimere a parole la simultaneità del mondo.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Nella vita di quella donna doveva esserci stato uno smottamento, uno smottamento enorme, brutale, che le aveva fatto mancare la terra sotto i piedi e le aveva insegnato a volare.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Andro trovava conforto nei libri. Sua madre gli aveva sempre letto qualcosa, gli aveva raccontato che la letteratura era l’ancora nel mare nero della vita.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“In quel momento, accanto alla felicità che pioveva addosso come coriandoli d’oro, si aprì una piccola porta. Era una porta al di là del tempo e del destino al di là di tutte le leggi. Per un attimo il mondo dei fantasmi si ridestò, la luna divenne di un pallore verdastro, la neve e i ghiaccioli in giardino si disintegrano e piccole particelle esplosero nello champagne. Tutto si confuse, per una frazione di secondo il mondo singulto’. Ogni cosa turbinava e gemeva, ma nessuno lo capì. Fu solo una porta sbagliata che per un lasso di tempo quasi impercettibile fu spalancata e di nuovo chiusa, ma quel tempo era bastato perché qualcosa di nero strisciasse fuori, forse non era neppure nero, forse era incolore e tenue, impercettibile – ma era crudele e gelido e avido di rovina. Ciò che nacque in quell’istante era il tradimento.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Il 31 dicembre, l’ultimo giorno del 1927, le due sorelle avrebbero fatto delle conoscenze che avrebbero cambiato la loro vita per sempre. Il tappeto della nostra storia sarebbe stato ancora tessuto e ne sarebbero risultati disegni sfarzosi, carnevaleschi, a colori cangianti, ma anche scuri e minacciosi. Forse fu quella la notte in cui il destino per la prima volta si accorse di tutti noi, forse, senza il destino, il tappeto sarebbe rimasto bello, semplice nei suoi toni pastello, e non ci sarebbero entrati i colori forti. Oppure fu soltanto il caso a riunire quelle persone nello stesso luogo, un capriccio della natura, un capriccio inesorabile, repentino, crudele.
Nessuno degli attori conosceva il dramma di cui faceva parte. Si trattava soltanto di una festosa serata di Capodanno.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“La notte era un grumo che restava in gola. E loro erano due acrobati caduti dalla corda dopo che il vento aveva portato le tende del circo in tutte le direzioni.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Uno schifoso gioco a nascondino è successo. E sono stato così stupido da non capire che lei era la mia unica ancora.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Lo baciò.
Incredulo, lui si passò l’indice sulle labbra per sentire se fosse rimasto il suo sapore.
A volte le labbra erano ali, a volte solo parole, a volte fotografie custodite come tesori.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Il ricordo del desiderio era il più terribile. Il corpo sembrava aver dimenticato con facilità crudele, ma il cervello continuava ad aggrapparsi ad ogni carezza, disperatamente.
Fuori era l’alba, un raggio di sole fendeva il cielo quasi fosse un pugnale.
Non capiva come qualcosa di così proibito potesse dare una tale felicità e poi di colpo un dolore intollerabile.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Lo bacio’. Poi, con il suo corpo regalò a lui l’oblio e a se stessa il ricordo. Non sarebbero arrivati da nessuna parte. Potevano sentirsi ma non avrebbero mai superato la barriera, non avrebbero trovato sollievo. Lo sapevano, e non si aspettavano di trovarlo l’uno nell’altro. Era già abbastanza potersi abbandonare all’illusione di una notte.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Kostjia non riusciva a dimenticare, continuava ad aggrapparsi disperatamente ad ogni singolo ricordo e proprio per quello pretendeva l’oblio. Solo più tardi, invece, avrebbe capito che non aveva pace, che era perennemente alla ricerca di un punto tra il mare l’orizzonte in cui l’incontro tra passato e presente fosse possibile.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Da quando era iniziato l’assedio Ida non sopportava più la musica perché la rendeva vulnerabile, e questo non poteva permetterselo. Non più. Alla musica non sarebbe sopravvissuta. La musica avrebbe contratto in modo intollerabile il suo cuore, che batteva sordamente dentro di lei, e l’avrebbe fatta morire.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Ida. […].
Si aggrappava a queste tre lettere quando la nostalgia della sua pelle, della sua voce rauca e profonda, del suo sorriso ambiguo diventava troppo forte e lui non sapeva come placare il doloroso il desiderio di lei.
Per tutta la vita Kostja sarebbe stato schiavo di quell’incurabile bellezza, incurabile perché per lui era qualcosa di pericoloso, qualcosa di fronte a cui era del tutto indifeso, una bellezza che poteva distruggerlo.
Per tutta la vita non avrebbe smesso di cercare quella bellezza, e la sua capacità di amare sarebbe dipesa nella misura in cui l’avrebbe trovata nei suoi futuri oggetti d’amore. Come se potesse provare un forte desiderio solo sentendo che quel desiderio avrebbe potuto distruggerlo. Come se dovesse pescare nel mare le perle più segrete, più nascoste nel profondo, correndo il rischio di annegare.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Kostja fioriva e credeva di aver trovato il proprio posto nel mondo. All’apice della sua giovinezza, esultava per se stesso e della vita. Ancora non voleva saperne di come le partiture della vita e della morte possano somigliarsi.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Quello che Kostja voleva più di tutto era non essere come gli altri. […] Ancora per qualche anno Konstantin Jashi sarebbe andato errando nei paesaggi interiori del proprio sé e dei membri della sua famiglia. Fino a quando avrebbe distinto con chiarezza i fronti, consolidato le proprie verità e scelto i propri strumenti.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“L’età scivolo’ via con leggerezza dal suo corpo, dalla sua pelle. Come schiuma. Bastò un solo gesto della mano. Forse fu l’ultima occasione che il tempo le concesse per essere la regina della bellezza. Prima di esigere finalmente quel prezzo che per le donne più belle è molto più alto.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Alle Seven Sisters il mare era arrabbiato. Le onde s’infrangevano contro le aspre scogliere con una furia impressionante, come se le stessero combattendo da anni. Il cielo era grigio, solcato da un luccichio giallastro. La spiaggia umida, fredda, vuota. Kitty guardava le impronte dei piedi nella sabbia bagnata, sentiva l’odore del sale. Chiuse gli occhi e si strinse nello scialle di lana. Rimaneva sempre stupita dalla sincronia con cui il mare e l’aria componevano la loro musica.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Il cielo aveva colori indescrivibili come poteva avere solo lì. Se avessi inventato io quel colore e avessi dovuto dargli un nome, lo avrei chiamato il cielo di un mondo in rovina. In rovina e bello.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Non dovrebbe separare la sua storia dalla storia in generale. E’ come amputarsi dalla realtà. Non fa bene.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Voleva fargli capire che nella vita bisogna lottare per ogni momento di felicità, con tutte le forze, con tutti i mezzi.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Perché tutto ricominciava ancora, ancora e sempre dall’inizio, come un carosello? Forse il corso delle cose è semplicemente questo.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Dall’incontro a Hyde Park non aveva più lasciato l’appartamento. La sua impotenza quando lei si era alzata, la sua incapacità di trattenerla erano indizi sufficienti del fatto che lui non avrebbe più potuto percorrere la stessa strada. Acconsentendo a quell’incontro, aveva infranto tutte le sue regole. Era arrivato il momento di scrivere altre.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Ancora una volta non riusciva a credere alle risposte. L’unica risposta che considerava possibile e definitiva era la vita che vivevano.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Non pensi alle circostanze sfavorevoli. Quasi sempre le riteniamo tali ma a posteriori finiscono per sembrarci una sciocchezza.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“L’indescrivibile erige sempre un muro difensivo intorno al descrivibile, Brilka.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Si era chiesta più volte quante persone ci fossero in quell’unica persona. Si stupiva sempre di quanto fosse mutevole e ingannevole il corpo di Fred. Di quanto fosse diafano, indifeso, privo di sostanza come il respiro, fragile, mancante di erotismo, eppure possessivo e dominante. Avrebbe potuto ballare con lei per l’eternità e un giorno.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Le sembrava che tanto, tanto tempo prima, un pezzo di cielo si fosse staccato ed avesse lasciato calare una fitta coltre di nubi da cui piovevano frammenti di sogni. […] Forse un giorno i fantasmi sarebbero strisciati fuori dai loro nascondigli. L’ingannevole passato aveva lasciato dietro di sé i suoi morti viventi, che avevano tutti un’ultima parola da dire. Una parola d’accusa per i vivi.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“E poi il silenzio che scendeva quando restavamo sole. Un silenzio meraviglioso, magico, carico di segreti. Bastava solo essere pazienti e capaci di ascoltarlo, per scoprirli. I grilli d’estate, i piccioni in autunno, il bosco d’inverno, la brezza che in primavera danzava tra le rocce. La dolce melodia di tutti questi suoni era quella di un’orchestra che suonava in perfetta armonia solo per noi.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Era gente che aveva imparato già da tempo a vivere nell’oggi perché non si sapeva se e come sarebbe stato il domani.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Per la prima volta si chiede se tutto questo potesse magari essere giusto, la vita che si svolgeva normalmente, e se i sogni potessero essere ostacoli che allontanavano dalla realtà.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“La vita le si staccava di dosso a strati, e quello che restava era lei stessa.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Voleva vivere a costo di spalancare le porte a tutti i suoi fantasmi e di lasciarli entrare.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Lei non voleva domande e non voleva risposte, voleva fermare il tempo e restare in un lungo presente, non voleva anticipare nulla e non voleva ricordare nulla.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Voleva fargli capire che nella vita bisogna lottare per ogni momento di felicità, con tutte le forze, con tutti i mezzi.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Dopotutto la libertà era una questione di definizione.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Mi hai chiesto dove si conserva l’infanzia e ricordo ancora che io ti ho risposto che la si tiene nascosta tra le costole, tra i nei e le altre piccole imperfezioni della pelle, alla radice dei capelli, sopra il cuore, nelle orecchie, nel sorriso.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Stavo lì come se avessi messo radici, bloccata, incapace di parlare od anche solo di replicare. Allora lui mi prese il viso tra le mani tremanti, mi guardò e quindi mi diede un bacio sulle labbra. Io non sapevo come baciare, non sapevo come fare per essere bella, non sapevo come desiderare. Sapevo come lo facevano gli altri, ma ancora non avevo una lingua mia con cui raccontare quello che sentivo.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Purtroppo io non ero un libro che potevo leggere e capire. Io potevo capirmi soltanto conoscendomi, vivendo, e la vita mi sembrava sempre un passo avanti a me, mi sembrava sempre lì dove non sarei riuscita a raggiungerla. […]
C’erano giorni in cui volevo essere normale, sognare quello che sognavo i miei coetanei. Giorni in cui avrei voluto svegliarmi trovando un sé assoluto dentro di me.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Sentii il sapore più amaro che avessi mai avuto in bocca senza sapere che era il sapore del tradimento.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Il cliché è la negazione del suo talento. Lei si nasconde dietro il suo talento e il cliché è proprio la sua paura di riconoscerlo e di sfruttarlo in modo adeguato.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Ci sforzavamo di rievocare i nostri ricordi, i ricordi di quello che eravamo stati e avevamo creduto di restare per sempre.
Lottammo in silenzio, cercando di espanderci per far entrare l’altro, di grattare via gli strati del tempo che si erano attaccati come la crosta sulla nostra pelle. Sembrava così facile essere di nuovo un noi. Quell’intimità non richiedeva alcuno sforzo. Potevo amarlo così, come nessun altro al mondo.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Doveva riuscire ad ingoiare l’amarezza per poter assaporare la cosa più essenziale: l’amore per suo figlio, fragile, quasi doloroso, fisicamente presente, tenero come il burro ma capace di mettere in ombra gli altri sentimenti. Un amore che non avrebbero potuto strapparle. Un amore che la lacerava, che le faceva male ad ogni movimento, mille volte più della ferita.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Aspira il suo odore, perché l’impressione possa durare, possa sopravvivere nel ricordo.
“Sono tua madre. Ti ho fatta nascere. Non posso decidere della tua morte, io sono responsabile della tua vita. Sono qui perché tu possa vivere, anche a costo della mia vita. Non puoi pretendere che io sia responsabile della morte di mia figlia, nessuno potrebbe pretenderlo da una madre, per nessun motivo. Sarebbe disumano aspettarselo. Io ho fatto l’unica cosa che potevo fare, ti ho fatta vivere.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Tutto allo stesso tempo non è possibile. Avere tutto è come non avere niente.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

“Devo queste righe a un secolo che ha ingannato e raggirato tutti, tutti quelli che speravano. Devo queste righe a un tradimento di lunga durata, che ha pesato sulla mia famiglia come una maledizione. […]
Devo queste righe a un’infinità di lacrime versate, devo queste righe a me stessa, quella che lasciò la patria per trovarsi e tuttavia si perse sempre di più; ma soprattutto devo queste righe a te, Brilka.
Le devo a te perché tu meriti l’ottava vita. Perché si dice che il numero otto equivalga all’eternità, al fiume che ritorna. Ti dono il mio otto.
Ci lega un secolo. Un secolo rosso. Per sempre e otto. E’ il tuo turno, Brika. Io ho adottato il tuo cuore. Il mio l’ho gettato via. Accetta il mio otto. […]
L’otto, pensaci. In questo numero tutti noi saremo legati l’uno all’altro e potremmo stare in ascolto l’uno dell’altro, per tutti i secoli.
Sii tutto quello che noi eravamo e non eravamo. […]
Attraversa questa storia e lasciatela alle spalle.”

[Nino Haratischwili, L’ottava vita]

 

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