AUTORE: Paolo Cognetti
TITOLO: La felicità del lupo
EDITORE: Einaudi
DATA USCITA: 26/10/21
GENERE: Narrativa
TRAMA
Arrivato alla fine di una lunga relazione, Fausto cerca rifugio tra i sentieri dove camminava da bambino. A Fontana Fredda incontra Babette, anche lei fuggita da Milano molto tempo prima, che gli propone di fare il cuoco nel suo ristorante, tra gli sciatori della piccola pista e gli operai della seggiovia.
Silvia è lí che serve ai tavoli, e non sa ancora se la montagna è il nascondiglio di un inverno o un desiderio duraturo, se prima o poi riuscirà a trovare il suo passo e se è pronta ad accordarlo a quello di Fausto. E poi c’è Santorso, che vede lungo e beve troppo, e scopre di essersi affezionato a quel forestiero dai modi spicci, capace di camminare in silenzio come un montanaro.
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Mentre cucina per i gattisti che d’inverno battono la pista e per i boscaioli che d’estate profumano il bosco impilando cataste di tronchi, Fausto ritrova il gusto per le cose e per la cura degli altri, assapora il desiderio del corpo e l’abbandono. Che esista o no, il luogo della felicità, lui sente di essere esattamente dove deve stare. Di Paolo Cognetti conosciamo lo sguardo luminoso e la voce limpida, il dono di osservare le relazioni umane nel loro dialogo ininterrotto con la natura, che siano i boschi di larici dei duemila metri o il paesaggio di roccia e ghiaccio dei tremila.
Con le loro ferite e irrequietezze, quando scappano e quando poi fanno ritorno, i suoi personaggi ci sembrano amici che conosciamo da sempre, di quelli rari. È per questo, forse, che tra le pagine vive di questo libro purificatore abbiamo l’impressione di attraversare non le stagioni di un anno, ma di una vita intera.
RECENSIONI
Tra le vette che spiccano su Fontana Fredda, Fausto ci è arrivato perché solo lì si sente a casa, è il freddo pungente che gli fa assaporare il dolce gusto della libertà ritrovata dopo un matrimonio finito male.
Silvia invece è lì per l’avventura di un momento, è arrivata di fretta, si adagia su quelle terre ancora indecisa se trasformarle in casa o semplice rifugio temporaneo.
Babette c’è da trentacinque anni, nel suo rifugio, dove offre un pasto caldo a chi si ferma. Ha amato quel posto, ha investito tempo e sentimenti ed ora le si è ripiegato sopra come a volerla ingabbiare. Santorso, forestale in congedo, di quelle vette non può farne a meno, così come del gin. È da lì che sgorga ciò che gli dà vita; imbraccia il fucile e va per le vie che si inerpicano per quelle altezze e tutto ciò che gli interessa è lì, intorno a lui.
Lì con loro, Fontana Fredda, che li abbraccia o li stritola, a secondo dei punti di vista: dà a loro motivi per restare o scappare via lontano, a cercare qualcosa di più caldo, meno aspro e tagliente.
È tra i suoi sentieri, la funivia, i rifugi che le vite di questi personaggi si mescolano, si intrecciano. Creano legami capace di “svernare” i loro cuori, riscaldare corpi e anime.
L’inconfondibile scrittura di Paolo Cognetti, limpida come un cielo terso in pieno inverno, asciutta e sintetica, ci regala un’altra, immensa opera che odora di muschio, legna di stufa e neve fresca.
A far da padrone, sempre lei: la montagna. Madre e matrigna; immobile, statica eppure eternamente mutevole. E che adesso ha un abitante in più: il lupo.
Come le vite prima descritte, anche lui arriva a scombinare gli equilibri di Fontana Fredda e non si sa se resterà lì o dopo aver consumato qualche pasto procederà oltre in cerca di altri confini.
Perché tutto è in continua metamorfosi.
Paolo ha la capacità di trasportare il lettore nel freddo acuto e pungente delle sue montagne; porta a sentirlo fin dentro le ossa. Racconta una montagna bella da mozzare il fiato, ma altrettanto dannata e ingannevole, che protegge ed uccide, accoglie e respinge. Eppure sarà impossibile restarle lontani, non amarla visceralmente. Quadro perfetto del più vecchio legame del mondo: quello tra uomo e natura.
[©Martina Caruso per Le frasi più belle dei Libri…]
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Dopo il grande successo avuto con “Le otto montagne”, Cognetti si ripropone ai lettori con una nuova narrazione più intima, introspettiva e, perché no, dalla lettura filosofica.
Fausto, quarantenne e scrittore alla deriva, decide di trasferirsi sul Monte Rosa dopo essersi separato dalla moglie Veronica, chiudendo così un capitolo di vita caotica e movimentata tipica della Milano che fino a prima rappresentava la sua casa.
Durante il suo soggiorno Fausto incontra diverse persone che, inevitabilmente, come spesso accade ad ognuno di noi, lasciano qualcosa. La montagna non è un semplice paesaggio di sfondo alla narrazione: al contrario rappresenta il fulcro di tutto. È, infatti, il crocevia tra personaggi solitari che fuggono da qualcosa, ma che allo stesso tempo trovano un posto dove realizzarsi ed essere felici.
L’intero libro è un’esaltazione dell’ambiente montano, caratterizzato da silenzio, immersione nella natura, profumi e sapori; ma anche freddo, neve e duro lavoro. I capitoli sono caratterizzati da frasi, talvolta, brevi che conferiscono al libro una lettura poetica e delicata, attenta al dettaglio. Assolutamente consigliato!!!
Voto personale 5 su 5
[©Alessia Bombino @il_segna_libro__]
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