“La straniera” – Claudia Durastanti

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AUTORE: Claudia Durastanti
TITOLO: La straniera
EDITORE: La nave di Teseo
GENERE: Narrativa

TRAMA

“La storia di una famiglia somiglia più a una cartina topografica che a un romanzo, e una biografia è la somma di tutte le ere geologiche che hai attraversato”. Come si racconta una vita se non esplorandone i luoghi simbolici e geografici, ricostruendo una mappa di sé e del mondo vissuto? Tra la Basilicata e Brooklyn, da Roma a Londra, dall’infanzia al futuro, il nuovo libro dell’autrice di “Cleopatra va in prigione” è un’avventura che unisce vecchie e nuove migrazioni. Figlia di due genitori sordi che al senso di isolamento oppongono un rapporto passionale e iroso, emigrata in un paesino lucano da New York ancora bambina per farvi ritorno periodicamente, la protagonista della “Straniera” vive un’infanzia febbrile, fragile eppure capace, come una pianta ostinata, di generare radici ovunque. La bambina divenuta adulta non smette di disegnare ancora nuove rotte migratorie: per studio, per emancipazione, per irrimediabile amore. Per intenzione o per destino, perlustra la memoria e ne asseconda gli smottamenti e le oscurità. Non solo memoir, non solo romanzo, in questo libro dalla definizione mobile come un paesaggio e con un linguaggio così ampio da contenere la geografia e il tempo, Claudia Durastanti indaga il sentirsi sempre stranieri e ubiqui. “La straniera” è il racconto di un’educazione sentimentale contemporanea, disorientata da un passato magnetico e incontenibile, dalla cognizione della diversità fisica e di distinzioni sociali irriducibili, e dimostra che la storia di una famiglia, delle sue voci e delle sue traiettorie, è prima di tutto una storia del corpo e delle parole, in cui, a un certo punto, misurare la distanza da casa diventa impossibile.

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RECENSIONI

Passeggi sulle rovine della tua famiglia e ti accorgi che alcune parole sono state cancellate ma altre sono state salvate, alcune sono sparite mentre altre faranno sempre parte del tuo riverbero, e poi finalmente arrivi al margine di tuo padre e di tua madre, dopo anni in cui hai creduto che morire o impazzire fosse l’unico modo per essere alla loro altezza…
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Questo libro mi ha chiamato. L’ho voluto fortemente e me lo sono gustata. Letto molto molto lentamente.
É un viaggio dentro se stessi fatto sui binari delle vicende della famiglia della protagonista.

Questo libro é un cocktail di pensieri e di citazioni e di riflessioni sul peso che le origini hanno sulla personalità, sulla influenza che le radici hanno sul fusto.
Il lettore, mentre legge scopre di essere una sorta di terapeuta, uno specialista che ascolta tutto quello che la protagonista vomita per necessitá, perchè certe cose vanno raccontate per essere capite. Premessa: la storia non è raccontata cronologicamente ma ci sono capitoli, che apparentemente sono senza un filo conduttore (inizialmente ho faticato ed entrare nel libro), che evidenziano spaccati di vita.
Lei, la protagonista, “la figlia della muta”, arriva a Londra a ventisette anni, il 4 settembre del 2011, in un raro giorno di acquazzone. Un mese dopo le rivolte a Tottenham, sei anni prima dell’incendio della Grenfell Tower. Vi arriva dopo aver vissuto in America e in Basilicata.
Lei che ha faticato con due genitori sordi con caratteri particolarissimi.
Tra le pagine si legge di migrazioni, di ritorni, di partenze, di disabilità, di esperienze, di lotte, di silenzi, di paure e co queste, il tutto raccontato senza pregiudizio, né frasi fatte né alcuno stereotipo, né pietismo, specie la disabilità.
Viene solo raccontata una vita (con grande potenza). É una biografia? Non ha importanza, di fatto la Durastanti scrive di pancia una storia che é sua e la fa sentire del lettore.
Centrali sono i genitori, due sordi assordanti e ingombranti.
La madre che vive la sua disabilità con incoscienza (un vulcano di donna), una donna che vive, che emigra , ritorna, e forse vorrebbe essere qualcun altro, si sposa e mette al mondo due figli rifiutandosi sempre di usare la lingua dei segni, lei legge il solo il labiale. La madre sposa un uomo affetto della sua stessa disabilità, unico punto d’incontro tra loro ed il motivo del loro divorzio…ognuno era specchio per l’altro per la propria disabilità.
Ed il padre un uomo vittima della sua disabilità e del suo temperamento.
Ad un certo punto si legge “l’amore tra sordi non esiste, è un fantasia da udenti. C’è il sesso, l’intimità, ma non quel bisogno. La somiglianza viene prima di tutto”. Come si fa a non innamorarsi di questa scrittrice?
Dall’America si trasferisce in Basilicata e poi lei da adulta sceglie di andare a Londra.
Questi perenni spostamenti insieme ai viaggi emotivi la rendono straniera ovunque e con chiunque.
Questo libro gronda di solitudine.
Chi può dire di non essere mai stata straniera?
Un libro che ho assorbito, che ho fatto entrare sottopelle, e che consiglio vivamente.
Non so se sono riuscita a recensirlo bene ma temo di non essere in grado di raccontarlo bene perché non so essere obiettiva. Raramente mi entusiasmo per gli autori italiani, la Durastanti mi piace assai…

©Maria Elena Bianco

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