AUTORE: Clive S. Lewis
TITOLO: Le lettere di Berlicche
EDITORE: Narrativa straniera
GENERE: Feltrinelli
TRAMA
“Le lettere di Berlicche” hanno reso il nome di Lewis noto a milioni di lettori in tutto il mondo. Per un’ispirazione improvvisa, all’uscita di una chiesa, una domenica mattina d’estate, si configurò nella mente dell’autore qualcosa che, per dirla con le sue stesse parole, “potrebbe essere sia utile sia divertente… e consisterebbe in una serie di lettere che un vecchio diavolo in pensione invia ad un giovane diavolo che ha appena cominciato a lavorare sul suo primo ‘paziente’. L’idea sarebbe quella di mostrare tutta la psicologia della tentazione dall’altro punto di vista”. Il testo venne scritto velocemente, comparve a puntate su un periodico nel 1941 e l’anno seguente in forma di libro. Da quella lontana primavera le riedizioni non si contarono e Lewis stesso non riusciva a spiegarsi un tale favore del pubblico, se non per il fatto che le tentazioni descritte avevano un riscontro nella sua personale esperienza.
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RECENSIONI
Mi sono imbattuta in questo libro per caso, leggendo tanto e leggendo in giro.
Una lezione di vita riprendeva una frase di questo libro e così ho deciso di comprarlo ed oggi di recensirlo.
Lewis in questo libro usa una sorta di psicologia inversa, sbeffeggiando ciò che è il male ma rispettandolo in quanto vero e innalzando il bene prendendolo per vie traverse.
“Vi sono due errori, uguali e opposti, nei quali la nostra razza può cadere nei riguardi dei diavoli. Uno è di non credere alla loro esistenza. L’altro, di credervi, e di sentire per essi un interesse eccessivo e non sano. I diavoli sono contenti d’ambedue gli errori e salutano con la stessa gioia il materialista e il mago.”
Affronta la religiosità, la spiritualità in maniera minuziosa, delicata e ironica.
Il Nemico è Dio e Nostro Padre Laggiù è Satana.
Il nemico peggiore dell’uomo è se stesso ma molto spesso si trova un capro espiatorio che è il Diavolo, niente da togliere a quello che anche lui fa ma troppe volte si nascondono i propri atti incresciosi dietro un nemico delle volte immaginario.
“è buffo che i mortali ci rappresentino sempre come esseri che mettono loro in testa questa o quella cosa: in realtà il nostro lavoro migliore consiste nel tenere le cose fuori dalla loro testa.”
Troviamo la lode e la Gloria nelle parole che Berlicche (diavolo esperto) scrive tra le righe a Malacoda (suo discepolo) riguardo al “Nemico”, dedica lettere capaci di scuotere il cristiano religioso e quello addormentato.
“Ogni volta che essi stanno servendo direttamente il Nemico noi siamo sconfitti…”
…dell’idolatria scrive
“Ho visto casi nei quali ciò che il paziente chiamava il suo “Dio” era di fatto collocato: su in alto, all’angolo sinistro del soffitto della camera da letto, ovvero nell’interno della sua testa, o in un crocefisso che pendeva dalla parete. Ma di qualsivoglia natura sia quell’oggetto composto, bisogna che egli si fissi nel pregare questo… la cosa che egli stesso ha fatto, non la Persona che ha fatto lui, che lo ha fatto uomo. Puoi giungere fino a incoraggiarlo a dare grande importanza alla correzione e al miglioramento dell’oggetto composto, e al tenerlo sempre fisso davanti all’immaginazione durante tutto il tempo della preghiera. Poichè, se mai giunge a fare la distinzione, se mai, con piena avvertenza, dirige le sue preghiere “non a ciò che io penso che tu sia, ma a ciò che tu sai di essere”, la nostra situazione diventa, per quel momento, disperata.”
concentrandosi particolarmente sul cristiano che non crede in un Dio vero, ma in un oggetto senza sentire la Sua presenza dentro sè.
“Egli vuole che essi imparino a camminare, e perciò deve tirar via la mano; e purchè ci sia veramente la volontà di camminare, Egli sembra gradire perfino il loro inciampare.”
Lo scrittore indirizza il lettore in un vero proprio sentiero, parlando della Chiesa, dell’importanza (per il diavolo) di dirigere la malevolenza verso i vicini, verso il “corpo”, verso la religiosità assoluta.
“…più sarà religioso” e più sicuramente sarà tuo. Te ne potrei far vedere una gabbia abbastanza piena, laggiù.”
Lewis descrive nelle pagine a seguire dell’amore di Dio e la voglia di rubare anime del Diavolo.
“Noi vogliamo mandrie che finiranno per diventare cibo; Egli vuole servi che diverranno, infine, figliuoli. Noi vogliamo assorbire, Egli vuol concedere in abbondanza. Noi siamo vuoti e vorremmo riempirci: Egli possiede la pienezza e trabocca. La nostra guerra ha per scopo un mondo nel quale il Nostro Padre Laggiù abbia attratto in sé tutti gli altri esseri; il Nemico vuole un mondo pieno di esseri uniti a Lui, ma sempre distinti.”
Da notare la descrizione di questo amore sublime dove indica che l’umano non è solo un numero per il “Nemico” ma ha un valore d’amore sproporzionato.
“Ricorda sempre che a Lui quei piccoli vermi piacciono veramente, e che pone un assurdo valore assoluto sulla distinzione di ciascuno di loro”
Non meno importanti sono le lettere in cui “riprende” l’essere umano parlando della sua incapacità di agire e della sua troppa capacità di giudicare e parlare a vanvera, della superbia e del pensiero che il tempo e il futuro sono nelle sue mani, pane per i denti di Berlicche e Malacoda.
Infine lo incoraggia, sempre tra le righe…
“Negli attacchi contro la pazienza, la castità e la fortezza, il divertimento consiste nel far cedere l’uomo proprio quando (se solo lo avesse saputo) la liberazione era quasi in vista.”
…infonde coraggio nel rimanere saldi, nel rialzarsi, nell’affrontare le difficoltà e di non smarrirsi.
C.S. Lewis è un grande scrittore per “Le cronache di Narnia” e per tante sue opere importanti, tra cui “Le lettere di Berlicche” che personalmente mi ha dato tanti spunti di vita quotidiana, ricercando il vero e tralasciando il superficiale.
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