“Malinverno” – Domenico Dara

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Malinverno - Domenico Dara

AUTORE: Domenico Dara
TITOLO: Malinverno
EDITORE: Feltrinelli
GENERE: Narrativa

TRAMA – Malinverno

Ci sono paesi in cui i libri sono nell’aria, le parole dei romanzi e delle poesie appartengono a tutti e i nomi dei nuovi nati suggeriscono sogni e promesse. Timpamara è un paese così, almeno da quando, tanti anni fa, vi si è installata la più antica cartiera calabrese, a cui si è aggiunto poco dopo il maceratoio.

E di Timpamara Astolfo Malinverno è il bibliotecario: oltre ai normali impegni del suo ruolo, di tanto in tanto passa dal macero, al ritmo della sua zoppia, per recuperare i libri che possono tornare in circolazione.

Finché un giorno il messo comunale gli annuncia che gli è stato affidato un nuovo, ulteriore impiego: alla mattina sarà guardiano del cimitero e al pomeriggio starà alla biblioteca.

Ad Astolfo, che oltre a essere un appassionato lettore possiede una vivida immaginazione, bastano pochi giorni al cimitero per essere catturato dalla foto di una donna posta su una lapide.

Non c’è altro; nessun nome e cognome, nessuna data di nascita e morte. Col tempo Astolfo è colto da un quasi innamoramento e si trova a inseguire il filo del mistero racchiuso in quel volto muto.

Attorno a lui si muovono i lettori della biblioteca, gli abitanti di Timpamara e i visitatori del cimitero, estinti e in carne e ossa, con le loro storie comiche, tenere, struggenti – dal “resuscitato” alla ragazza rimasta vedova alla vigilia delle nozze, che tinge l’abito nuziale di nero e chiede ad Astolfo di unire lei e il trapassato in matrimonio.


FRASI

– Perché è questo uno dei grandi paradossi dell’uomo: il senso della vita viene dato dalla morte. E’ da lì che nascono il rimpianto, il senso del tempo, la nostalgia, la tristezza, la bellezza di alcuni sguardi, la dolce malinconia di certe carezze, i gesti d’amore che portano il peso inconsapevole della perdita, perché quando si bacia qualcuno perché davvero si vuole baciarlo, dentro di noi temiamo che quella cosa potrebbe non più essere, e per questo è bello farlo, perché potrebbe scomparire, potremmo non più baciare, non più accarezzare, e sono queste le gioie che rimangono, le tristezze che nutrono.

– E invece Margherita era svenuta dimostrando che fra le infinite combinazioni del cuore, ogni tanto qualche incastro funzionava e combaciava, che a volte si può amare un estraneo allo stesso modo in cui si amano i figli, per natura, eternamente.

-Lei c’era, il mio desiderio si era avverato e anche solo la possibilità di incontrarla di nuovo impreziosiva il tempo a venire.

– Ci si abitua a tutto. Alla solitudine, al dolore, alle stagioni che cambiano, all’apparente lentezza del tempo, agli amici che passano, ai ricordi che svaniscono, alla memoria che si assottiglia, all’umidità sul muro, al silenzio nelle strade, ai perfidi spifferi delle finestre, alla pigrizia dei muscoli, alla luce accecante dell’estate, alla nostalgia, alla tristezza, a un amore che finisce, ai sapori indistinti su papille filiformi.

– A tutto, finanche alla morte. Ogni evento che al suo manifestarsi ci appare troppo grande per sopportarlo, e che al momento in cui lo viviamo sembra schiacciarci definitivamente, ​gravare su ogni cellula del corpo, va prima o poi ad allinearsi tra i fatti consueti della quotidianità, l’abbandono a fianco della bottiglia d’olio, la disperazione tra le camicIe nel cassetto, la tristezza tra i libri sulla mensola.
E anche la morte della persona che amiamo, la morte che esaurisce le lacrime e i pensieri, l’evento che sembra interrompere il tempo, cancellare ogni domani, azzerare il futuro, quella morte che sembra la nostra morte, anche la morte s’esaurisce, si impoverisce, anche quella diventa una maniglia cigolante, il pomo di un appendiabiti, un calzino spaiato, una stella cadente vista all’ultimo momento.

Malinverno - Domenico Dara

– Ci si abitua a tutto, anche alla morte.

– Un libro letto è tutto racchiuso nelle sottolineature.
Pensai prima di addormentarmi che un giorno qualcuno avrebbe potuto fare un libro dei libri in cui riportare tutte le frasi sottolineate.

– Che noi non siamo quello che abbiamo vissuto: siamo quello che abbiamo pensato, immaginato, sperato, desiderato, dimenticato.
Che l’universo mai saprà ciò che davvero è stata la nostra esistenza silenziosa e clandestina, nessuno mai conoscerà i nostri viaggi segreti, i nostri amori immaginati, le nostre centinaia di vite racchiuse negli infiniti universi di un neurone.

– […]Da allora ogni ponte progettato fu per lui tristezza,perché è vero che i ponti uniscono ciò che è diviso,ma ricordano anche nella loro illusoria concatenazione che noi non siamo altro che isole.

– […]perche’ chi ama,appena scopre nell’altro un cedimento o una manchevolezza,non ha altro scopo che apparare e livellare,che forse a questo serve l’amore,a sentirci necessari,a essere lo stucco sulle incrinature dei vetri,la toppa sugli strappi dei tessuti,il punto tra le pelli lacerate.

– Siamo fatti di pensieri più che di carne,e quei pensieri ci vengono distillati nel sangue dalle idee di chi ci ha voluti,così che noi ereditiamo non solo il colore dei capelli o l’arrendevolezza degli sguardi o la cedevolezza del cuore,ma anche le illusioni,le speranze,i rimpianti della nostra ascendenza,che a sua volta li ha ereditati ancora più in là,e ancora più in là,attraverso generazioni di erecti e rudolfensi,fino a giungere al primo uomo,cosicché ognuno porta in se’miniaturizzata la storia dell’umanità intera.

Malinverno - Domenico Dara


RECENSIONI

Timpamara è un paesino come tanti, uno di quelli in cui ci si conosce tutti e la vita è racchiusa nel giro di ben pochi metri quadrati. Al tempo stesso, però, è un paese unico.

I suoi abitanti portano nomi ispirati dai romanzi che hanno fatto la storia della letteratura e il vento soffia le pagine dei libri più belli. Ma Timpamara è famosa anche per la sua biblioteca. Merito anche di Malinverno, bibliotecario “brutto, zoppo, che visse senza vivere”, come egli stesso si definisce.

La sua è una di quelle esistenze ordinarie, destinate a non lasciare traccia del proprio passaggio su questa terra. Tutto però è destinato a cambiare. Un bel giorno, infatti, il Sindaco affida a Malinverno anche un altro compito: quello di custode del cimitero.

Timpamara, quindi, diventa l’unico paese in cui il custode della biblioteca e quello del cimitero coincidono. Fin qui, in realtà, non ci sarebbe nulla di strano.
La vera stranezza è che in quel cimitero non vengono seppellite solo le persone, ma anche gli animali e i libri.

In quel cimitero si celebrano matrimoni tra vivi e morti e un personaggio misterioso si aggira tra le lapidi con un ingombrante registratore e un taccuino. Soprattutto, in quel cimitero, Malinverno si innamora.

Ma non si innamora di una donna qualsiasi, bensì proprio di quella la cui fotografia fa bella mostra di sé su una lapide solitaria. Se ne innamora a tal punto da volerla riprodurre, quella foto, così da poterla portare con sé e sentirla in qualche modo vicina.

È un amore assurdo, non solo perché destinataria di quel sentimento è una donna già morta, ma soprattutto perché quella donna irromperà in carne ed ossa nella vita di Malinverno, minando ogni sua certezza e portandolo a rivedere tutte le sue priorità.

Con questo nuovo romanzo Domenico Dara torna a far emozionare i suoi lettori. Questa volta, colpisce dritto al cuore delle nostre più ancestrali paure: l’abbandono, la perdita delle persone che amiamo, la morte come punto conclusivo di ogni esistenza.

Nel romanzo di Dara, però, non c’è spazio per la disperazione. ​In maniera impercettibile ma dirompente, l’autore consola i suoi personaggi donando loro l’unica cosa che veramente potrebbe lenire il dolore: una nuova possibilità. È proprio questo, infatti, che ci travolge quando pensiamo alla morte.

Il pensiero di non poter più sentire la voce delle persone che amiamo, di non poter più portare a termine insieme a loro i nostri progetti, di non poterne più capire le ragioni e ottenerne il perdono.

Quello che ci devasta è l’incompiuto, l’impossibilità di scrivere il finale della nostra storia, il fatto di doverci rassegnare agli eventi. Malinverno, invece, cambia le regole del gioco.

Ed ecco, allora, che diventa addirittura ragionevole osservare la giovane Margherita mentre si aggira tra le lapidi con il suo abito da sposa o scoprire che alcune voci non sono perse per sempre nella nostra memoria o, addirittura, innamorarsi di chi già non c’è più.

A Timpamara viene riscritta ogni legge e ogni cosa acquista una propria ragione. Con lo stile poetico che lo contraddistingue, Domenico Dara ci tiene per mano mentre, come equilibristi sul filo, passeggiamo sul sottile confine che divide il mondo dei vivi da quello dei morti.

Finché non precipitiamo nel vuoto e, con
meravigliato stupore, cogliamo il senso: alcuni “per sempre” sono davvero immortali.

©Antonella Venturi

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