“Resto qui” – Marco Balzano

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AUTORE: Marco Balzano
TITOLO: Resto qui
EDITORE: Einaudi
GENERE: Narrativa

TRAMA

L’acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale giace il mistero di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua che hai imparato da bambino è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora non resta che scegliere le parole una a una per provare a raccontare. Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa durante gli anni del fascismo.

Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E così, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all’improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l’altro, la costruzione della diga che sommergerà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine.

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RECENSIONI

 

Diventa una vertigine, il dolore. Qualcosa di familiare e nello stesso tempo di clandestino, di cui non si parla mai.
Dopo mesi in cui non ho saputo leggere per la troppa stanchezza e per gli impegni mi ritrovo a comprare in aeroporto questo libro. E, magia, lo inizio e dopo qualche giorno lo finisco. Un libro scorrevole, scritto molto bene e con qualche spunto di riflessione ben messo nel romanzo.

Siamo nel ’23 e  la Seconda Guerra Mondiale é alle porte, nello specifico siamo in Alto Adige, a Curon, un paese che ha come simbolo il campanile che spunta dal lago artificiale (immagine di copertina), ultimo testimone delle esistenze cancellate dagli interessi economici e dalla guerra.

A raccontarci questa storia, tra l’altro vera, è Trina, una madre ed una  moglie determinata a non lasciare il proprio paese. Una donna forte che non si dimentica facilmente. Trina ci racconta i fatti narrandoli sotto forma di diario, diario che lei scrive per la figlia scomparsa… Trina è un personaggio di altri tempi. Una donna semplice e determinata che sembra non smarrire mai la strada, risolta, fedele a se stessa e ai suoi valori, una donna che sa resistere e resistere. Lei è la Resistenza fatta donna. Che voglia di conoscere Trina! Balzano la ritaglia in un modo così accattivante che davvero guardarla negli occhi e ascoltarla sono desideri che nascono spontanei.

Trina racconta la propria adolescenza, le camminate con le amiche, le prime cotte… e la grande passione per l’insegnamento. Un fuoco che in Trina non si spegnerà mai, nemmeno quando deciderà di sposare Erich, schivo e silenzioso.  Lei una vera Maestra. La guerra, i valori, il bisogno di difendere la famiglia fanno scegliere ad Erich e Trina la via della fuga. Avranno come casa le montagne aspre e fredde, sceglieranno come compagni di viaggio gli spari e la paura. Paura, solitudine, rabbia, rassegnazione.

La fine della guerra non ferma il progetto della diga che minaccia la valle intera. Questo è il cuore del romanzo, la resistenza e l’attaccamento alla terra emergono vividi e con forza.Il cuore sussurra di restare e difendere Curon, questa la scelta più coraggiosa da compiere, la più commovente, la più straziante. La storia si ripete, corsi e ricorsi storici: la politica miope non farà altro che lasciare solo macerie…
Per me il libro giusto per oleare la mia passione per la lettura e “tornare in me”.
Consigliato a chi ama le storie vere, libri ben scritti e molto scorrevoli.
©Maria Elena Bianco 


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Marco Balzano, che nei libri precedenti si era soffermato sull’importanza di partire, ci narra adesso la storia di chi è restato; nel suo romanzo “Resto qui” conosciamo Trina, suo marito Erich, Pa’ e Ma’, e Curon, un piccolo paese del Sudtirolo. La Storia si intreccia con l’immaginario, per narrarci un pezzo di Italia poco conosciuta, di vite che per decenni non hanno conosciuto riposo. La narrazione si apre nella primavera del 1923, quando i fascisti irrompono e impediscono agli abitanti del Sudtirolo di parlare la loro lingua, di lavorare, di vestirsi come gli pare. Trina, che sogna di insegnare, deve farlo clandestinamente.

Sradicare la lingua per cambiarne l’identità, in quel paese spesso scisso tra Italia e Germania. Balzano ci accompagna per mano, attraverso gli occhi di questa donna fragile, ma caparbia. Le viene tolta la possibilità di un futuro, ma si reinventa. Sposa Erich, orfano e povero, ed hanno due figli. Anche se non è facile vanno avanti, finché due eventi cambieranno tutto. La scomparsa della figlia e lo scoppio della guerra. È così devastante la perdita, che non se ne può parlare. Si ha solo la certezza che dopo si cambia.

Così la guerra viene vista come un’altra ingiustizia alla quale non si ha voglia di sottostare. Così Erich e Trina fuggono. Al loro ritorno, si percepisce il desiderio di voler tornare ai ritmi naturale, ma non c’è pace in questo pese dilaniato. La speranza della pace e tranquillità viene disattesa dalla notizia della costruzione della diga, che rischia di sommergere l’intero paese. È accanirsi contro un corpo ferito, martoriato. Un brandello per volta, hanno tolto all’intera popolazione tutto ciò che li connotava; la lingua, il lavoro, la terra. Balzano si sofferma con delicatezza sulle persone che vogliono restare perché nessuno può e deve essere obbligato a lasciare la propria casa.

L’orizzonte di Trina è tutto compreso e compresso in quelle montagne. Ho trovato commovente la lotta interna alla protagonista; a volte vorrebbe fuggire, e come darle torto, ma a prevalere è il desiderio di restare accanto a suo marito, piantato come le pietre delle case, e la paura che se abbandonerà la sua casa non ci sarà alcuna speranza di rivedere sua figlia? Dove mai la potrebbe cercare? Può una madre arrendersi? Poi, durante la narrazione, nasce in lei la voglia di proteggere quel suolo. Si unisce alla disperazione del marito. Finito il libro mi è rimasta addosso la certezza che gli uomini hanno la medesima natura in tutte le epoche.

Piegarsi ci viene naturali, perché camminare con la schiena dritta è faticoso. Desideriamo la pace, vogliamo la garanzia che ogni giorno sia identico al precedente, senza fare troppi sforzi. Non c’è solo bianco o nero, ogni scelta ha le sue conseguenze, i suoi dubbi ma solo poche persone sono così forti da esserne consapevoli. Trina ha subito delle scelte, come quella della figlia, che hanno cambiato il corso della sua vita, ma ne ha fatte altre e non si è mai tirata indietro. È un donna fatta di grigi, di incertezze, di paure.

©Gaia Del Riccio

 

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