L’adolescenza, la vita… va presa a morsi! – Alessandro Q. Ferrari, “Devo essere brava”

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Parliamo di adolescenza e di quanto sia difficile da parte degli adulti aspettare, a volte mettersi da parte, “esserci e non esserci” come l’autore stesso suggerisce nell’intervista.
Abbiamo avuto il piacere di fare qualche domanda ad Alessandro Q. Ferrari, autore del romanzo “Devo essere brava”.
Ecco l’articolo che la nostra collaboratrice ha scritto per tutti noi

L’ADOLESCENZA MORDE E FA MORDERE

Accomodato su una vecchia sedia da biblioteca, con gli scricchiolii che accompagnano la sua voce allegra, Alessandro Q. Ferrari, in un fantastico incontro organizzato dalla DeA Planeta, ci ha preso per mano e condotto nel suo nuovo romanzo, in questo nuovo universo nato dal suo genio.
A fare da padrona di casa c’è Sara, adolescente che combatte contro un mondo che sembra dimenticarla, lasciarla indietro.

“L’esigenza da cui nasce il libro è quella di dare voce alla rabbia, allo sconforto per un mondo che non ci appartiene, che non ci vuole, in cui non ci riconosciamo e che non ci permette di amare noi stessi. È questa un’emozione che nasce con l’adolescenza ma che continua. Così come continua l’adolescenza, in un certo senso. È una fase della vita che non finisce mai.”

Il racconto si muove tra le vie di un paesello di provincia, Roveto, che potrebbe essere uno qualsiasi della nostra Italia: “Nella scelta dei luoghi c’è molto di me, che sono cresciuto tra la città e la provincia, nella prima ho frequentato la scuola, nella seconda vivevo e vi passavo le estati. Eppure mi sento di non appartenere a nessuna delle due. E questa è una metafora perfetta per descrivere l’adolescenza, questo essere che porta con sé un terribile senso di non appartenenza.”
E Sara sa bene cosa significa questo sentirsi parte di niente, se non di un mondo che sembra troppo grande, che la sobbarca di responsabilità, che la costringe a dover essere brava.

“L’essere un bravo ragazzo o una brava ragazza non è un concetto che ha a che fare con l’età. Io sono sempre stato traumatizzato dall’idea di fare le cose sbagliate. Perché essere bravo significa anche non scontentare mai gli altri. L’idea di essere bravo quindi è un concetto che ti poni addosso, ma è una maglia dalla quale scappano parecchie cose. È un falso.”

Continua poi Alessandro: “Negli adolescenti di oggi vi è più paura, difficoltà ad accettare gli sbagli, ad affrontare il momento di insicurezza, il giudizio degli altri. E questo è, per forza di cose, amplificato dai social. Durante la mia adolescenza vi era un giudizio più ristretto, mentre oggi è globale. Quindi ciò che più spaventa gli adolescenti di oggi è la paura del fallimento poiché viene percepito come il giudizio del mondo su sé stessi. La società odierna nasconde che al successo si arriva col fallimento. Se vi è l’uno non vi è l’altro. Mentre, ed è proprio questo il messaggio più importante che questo libro vuole lanciare, AL SUCCESSO SI ARRIVA COL FALLIMENTO.

Bisogna comprendere che, proprio come Sara, tutti siamo protagonisti di una storia anche senza esserne gli eroi. Durante gli incontri che ho con ragazzi, adolescenti di diverse età, ciò che più li colpisce di me è il vedermi con un adulto in grado di commettere e ammettere gli sbagli e non come essere infallibile.”

È proprio il ruolo dell’adulto che in questo racconto viene messo in discussione: “l’adulto deve accettare che le sue parole sono sbagliate, che a volte la stessa presenza lo è. Per sopravvivere all’adolescenza bisogna distruggere ciò che si ha davanti, in modo da costruire sé stessi. Figura dell’adulto compreso. l’adolescente deve scontrarsi con quest’ultimo e arrivare a dire “non voglio essere te”, è il passo per costruire il sé.”

E allora gli adulti, che siano genitori, insegnanti, preti, cosa devono fare?
Alessandro ha la risposta anche a questa domanda scottante, che nel libro viene suggerita da Sara stessa a
suo padre Abramo: “Il segreto è esserci senza esserci. Dall’adolescenza se ne esce da soli, condividendo. Il gioco di parole sembra un po’ fine a sé stesso, ma in realtà è l’unica vera risposta. Sara non può essere salvata dagli altri, ma ha bisogno di una condivisione che sia sinonimo di non rimanere da sola.”

Strabiliante è la capacità di Alessandro di parlare da adulto e da adolescente. “Ho un disperato attaccamento a qualcosa che non voglio assolutamente perdere: quell’innocenza infantile, adolescenziale. Perderla e, di conseguenza, non sapere più riconoscerla è la metafora più agghiacciante della morte umana. La radice in comune tra l’adolescenza mia e quella di oggi è certamente la ricerca di emozioni, esagerazioni, di qualcosa di forte, ossessivo. Che sia amore, rabbia, amicizia, ricerca di noi stessi. O di un limite.”
E quella voglia di mordere: “I morsi sono un’espressione di rabbia. Questa è una cosa mia, che facevo da adolescente, è una cosa che fa Sara e tantissimi altri di noi. Il morso è espressione di ansia, di insofferenza. È una sorta di tic, ma a differenza degli altri difficilmente si può correggere. Perché nel morso vi è un collegamento col quotidiano, è un’azione che ripetiamo più volte nello stesso giorno.”

Perciò adolescenti, e non, ricordatevi di mordere. E non solo per rabbia. Ma anche per passione, per amore, per timore. E se doveste mai provocare dolore, perdonatevi. Perché, come ci insegna Alessandro, NOI TUTTI siamo esseri fallibili.

©Martina Caruso per @lefrasipiubelledeilibri

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